Tra le tantissime narrazioni prodotte dal cinema hollywoodiano riguardanti le intelligenze artificiali,
molte hanno sviluppato anche un’immagine positiva delle “macchine”. Il fil rouge che spesso
accomuna questi racconti è da ricondurre al loro target, trattandosi in molti casi di storie per giovani,
se non giovanissimi pubblici. La semplicità di questi racconti, mediamente indirizzati verso narrazioni
positive in cui il “vissero felici e contenti” è quasi d’obbligo, relega spesso le intelligenze artificiali,
meglio identificate come robot, in ruoli marginali in cui al più fanno da spalla ai protagonisti.
Esistono però anche delle eccezioni che hanno dato maggior stratificazione alla tematica, presentando
un’evoluzione della macchina e della sua rappresentazione sul grande schermo.
Un primo esempio virtuoso è rappresentato da “L’uomo bicentenario” 1 di Chris Columbus, un film del
1999 ispirato dall’omonimo racconto dello scrittore Isaac Asimov. La storia si sviluppa in un futuro
immaginario in cui ogni famiglia può acquistare un robot come suo personalissimo servitore. Nello
specifico la narrazione si interessa di Andrew Martin, un robot così ribattezzato dalla famiglia che lo
ha adottato. Inizialmente Andrew si comporta come un normalissimo robot, accettando tutti gli ordini
impartiti dai suoi padroni e limitandosi a semplici mansioni di casa. Lentamente però questo
personaggio intraprende un percorso di crescita, arrivando a provare emozioni e produrre arte tanto da
rendersi indipendente sia da un punto di vista economico che giuridico. La storia di Andrew
proseguirà con tagli netti da un decennio all’altro, rendendo evidente attraverso grossi cambiamenti
estetici e comportamentali la sua progressiva mutazione da macchina a uomo.
Citando lo stesso film, Andrew cessa di essere un “elettrodomestico” e, attraverso l’apprendimento
compiuto tra libri ed esperienze, troverà l’amore, rinuncerà alla sua immortalità e otterrà il
riconoscimento ufficiale di essere umano. In questo caso specifico viene identificata la possibilità di
riconoscere un’individualità nelle macchine ad alta complessità, cioè capaci di provare o riprodurre le
emozioni umane.
Al netto della conclusione del film, nella pellicola non viene mai data una risposta certa sulla vera
natura di Andrew: chi lo conosce lo umanizza mentre la società lo identifica come un’anomalia.
Nell’universo narrativo di riferimento quello di Andrew è un caso unico nella storia e non ci è dato
sapere se nel resto del mondo siano presenti altri robot come lui. L’unicum rappresentato da questa
specificità è però sufficiente per far traballare il concetto di “umanità”, ponendo il dubbio su cosa sia
realmente l’essere umano. Il confine tra uomo e macchina si fa sfumato e meno conflittuale, in un
lento processo in cui i robot imitano l’uomo fino a trasformarsi in esso. Il film ci presenta dunque un
esempio virtuoso di accettazione del diverso, in cui vari personaggi in maniera differente finiscono
per affezionarsi ad Andrew, riuscendo a riconoscere in lui un essere vivente dotato di individualità.
Questa rappresentazione si sposa bene con dubbi etici e giuridici che sono ancora di grande attualità,
poiché la rapidissima innovazione tecnologica in materia di I.A. sta permettendo a questi software di
1 Coming Soon, L’uomo bicentenario: https://www.comingsoon.it/film/l-uomo-
bicentenario/3118/scheda/

compiere azioni fino a pochi anni fa impensabili. Periodicamente viene riproposto il dubbio in merito
alla possibile soggettività giuridica da riconoscere alle I.A. che ci porterebbe dunque a identificare in
essa dei tratti di umanità. Una risposta chiara non è ancora stata trovata e, mentre gli esperti in materia
continuano a interrogarsi a riguardo, questo film si occupa di rappresentare una delle possibili
prospettive future.
Un altro esempio positivo del possibile rapporto tra macchine e esseri umani lo abbiamo nel film
d’animazione prodotto dal Pixar Animation Studios e diretto da Andrew Stanton “Wall•E” 2 . La
pellicola prende il nome dal suo protagonista, un piccolo robot addetto a ripulire una Terra devastata
da secoli di inquinamento umano. Anche questo racconto è ambientato in un futuro distante, in cui gli
uomini hanno abbandonato il pianeta, divenuto ormai inabitabile, trasferendosi in una nave spaziale.
L’immenso sviluppo tecnologico ha ridotto l’umanità nell’ozio, nessuno cammina più e tutti usano
delle poltrone volanti per spostarsi in giro per la nave. Al contempo anche i rapporti umani si sono
quasi azzerati, ridotti a delle interazioni filtrate da schermi. In questo scenario si muove Wall•E, unico
robot ancora funzionante sulla Terra che da secoli continua a ripulire il pianeta riciclando
l’immondizia. Un giorno la routine di Wall•E viene interrotta dall’arrivo di E.V.E., un altro robot
decisamente più avanzato che era stato mandato in ricognizione sul pianeta.
La storia prosegue mettendo in scena il rapporto tra Wall•E ed E.V.E., impegnati a salvare l’umanità
mostrandogli un futuro ancora possibile sulla Terra. In questo caso la figura del robot non è
unicamente positiva, il film si impegna invece a mostrarci un mondo in cui le intelligenze artificiali
possono essere uno strumento sia positivo che negativo per l’uomo, tutto dipende infatti dall’utilizzo
che ne viene fatto. Nel racconto il genere umano si è lasciato andare a causa dell’eccessiva comodità
dovuta all’utilizzo delle macchine, riuscendo a redimersi tramite esse. Al contrario de “L’uomo
bicentenario” il film non si interessa a raccontare un’evoluzione della figura della macchina,
sottolineando invece le possibili funzioni che queste possono assumere. Nelle scene finali del film
assistiamo a una ripresa del pianeta che attraverso la collaborazione tra uomini e macchine torna a
essere un luogo abitabile per tutti, in cui la crescita delle macchine non è più connessa al degrado
dell’essere umano.

2 Coming Soon, Wall•E: https://www.comingsoon.it/film/wall-e/1341/scheda/